"Senza Confini"
Boundless
di Laura Frasca e Laura Bessega
Multimedia ProjectPhoto published in exhibitionsVideo Bologna (Montaggio Mario Piredda) |
Nel 2013 in occasione del festival Human Rights Nights ha avuto luogo la prima mostra a Bologna Boundless (per quest’occasione chiamata Questa è la mia storia. O la nostra ?) da un’idea di Laura Frasca, proposta nell'ambito del Progetto Europeo AMITIE, che si è concretizzata grazie all’impegno delle due fotografe Laura Frasca e Laura Bessega iniziato a Bologna e poi proseguito in tutt’Italia.︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎ In seguito il progetto ancora in fieri è stato esposto a Salerno e al Parlamento Europeo a Brussels. Con il sostegno di YartPhotography, Human Rights Nights, il Comune di Bologna e di Salerno e il Parlamento Europeo.
Le autrici hanno scelto di ritrarre i soggetti all'interno dei loro posti di lavoro (o, in alcuni casi, nei luoghi che hanno per i personaggi una valenza particolare), un’ambiente che diventa in qualche modo la chiave di lettura delle loro personalità. Sebbene la serie di ritratti “principali” prenda spunto dalla tradizione del ritratto ambientato, che conferisce importanza non solo al volto ma a tutto ciò che sta intorno al soggetto, ritraendo così anche l’ambiente sociale, sarebbe sbagliato collocare︎︎︎︎︎︎︎︎ ︎︎︎︎︎︎︎︎questo progetto fotografico nell’ambito︎ ︎︎︎︎︎︎︎esclusivo dell’indagine sociale, né tantomeno si può catalogarlo come un tentativo di raccontare il fenomeno dell'immigrazione. La particolarità di questo lavoro sta principalmente nell’impostazione concettuale delle due artiste di coinvolgere i soggetti nella parte decisionale del processo creativo, offrendo loro la libertà di scegliere come essere ripresi: il luogo (con la condizione che questo rappresenti un posto significativo per loro o per la loro professione), gli abiti da indossare, gli oggetti intorno. La partecipazione attiva da parte dei personaggi è stata una scelta coraggiosa, promossa dalle fotografe proprio per segnare la distanza tra il loro approccio e quello più superficiale, tendente a raffigurare gli immigrati ︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎unicamente come le vittime (sia delle politiche sull’immigrazione sia del razzismo quotidiano) e di conseguenza come soggetti passivi agli occhi di un fotografo e del pubblico. Il progetto mette in mostra una serie di volti che disegnano non un fenomeno di immigrazione che spersonalizza i soggetti, ma le loro storie individuali, le loro origini e il background diversissimi, rendendo così una qualsiasi catalogazione impossibile. Il concetto di “personalità individuale” è evidenziato nella serie di “fototessere” presentate in linea parallela ai ritratti "principali”. La fototessera in qualche modo racchiude il percorso del migrante verso il paese nuovo: dal passaporto, al visto, al permesso di soggiorno, al nuovo passaporto ancora, nel caso di un’immigrazione “fortunata” che si conclude con l’acquisizione di una cittadinanza nuova. Il linguaggio visivo usato dalla fototessera è un linguaggio anch’esso “burocratico”, rigido, incaricato di svelare e mostrare tutto, senza pero riuscire a raccontare molto delle persone ritratte. Nel progetto il concetto della fototessera viene ribaltato completamente. La scelta di usare l'obiettivo “giocattolo" o una toycamera, di lasciare le zone fuori fuoco, di permettere ai soggetti di sorridere o di lavorare, tenere degli oggetti personali in vista, rovescia l’approccio distaccato e indifferente usato per le fototessere, rilevando ancora una volta l’idea principale del lavoro: guardare le persone con attenzione e curiosità soffermandosi sulle loro storie di vita individuali piuttosto che classificarli con l’etichetta di︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎ “immigrato”. Tra i diritti umani riconosciuti internazionalmente vi è il diritto di spostarsi nel paese di residenza e quello di cambiare paese. La crescita e lo sviluppo di un popolo passano attraverso la conoscenza di altri popoli. La libertà di movimento è insita nella natura stessa dell’uomo. Emigrare non ︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎︎ significa fuggire significa scegliere di essere liberi. Le persone davanti all’obiettivo si sono messe a nudo, raccontando e rendendo partecipi le autrici della loro vita, facendo così, del loro ritratto, un dono raro. Sono volti che fanno parte del nostro paese in uno scambio reciproco in cui storia, sapere e saper fare divengono costruzione, cooperazione, sviluppo e crescita. Yulia Tichomirova Laura Frasca Laura Bessega |